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Il portamento n’era nobile, la statura ben proporzionata; i suoi occhi, neri e languidi, erano pieni d’un magico collirio, più possente dell’arte dei Babilonesi (1); le sopracciglia somigliavano ad archi da cui partivano frecce mortali; il naso, alla punta d’una spada; la bocca al sigillo di Salomone; le sue labbra, a due cornaline rosse; i denti, ad una doppia fila di perle; la sua saliva era più dolce del miele, più fresca dell’acqua più pura; il seno alzavasi sul suo petto come due melagrani, e la sua pelle era morbida quanto la seta (2): infine, essa somigliava a quelle belta che i poeti pongono al disopra del sole e della luna.

«Quella fanciulla, non appena ebbe veduto il giovane entrato colla madre, rientrò precipitosamente nel gabinetto, rimproverando la vecchia di averla esposta alla vista d’uno sconosciuio. Questa si scusò dicendo essere sua intenzione di maritarla; che un giovane poteva vedere almeno una volta colei che voleva sposare; e che se il matrimonio non accadeva, non si sarebbero più veduti, e che, in ciò non eravi alcun male.

«Il califfo fu soddisfano scorgendo che la vecchia aveva intenzioni oneste. — Voi vedeste mia figlia,» disse poscia questa al mercadante. «Vi piace? — Moltissimo,» rispose il giovane. «Qual è la dote ed il doario che domandate? — Quattromila pezze d’oro per dote, ed altrettante di doario. — È troppo,»

  1. La città di Babilonia o Babele, è famosa fra i Maomettanl pe’ suoi prestigi ed incantesimi. È opinione fondata sur un passo del Corano, nel quale si dice che i due angeli prevaricatori, Harot e Marot, insegnavano magia a Babilonia (Corano, cap. II o della Vacca, versetto 112, ediz. di Maracci).
  2. La maggior parte di questa descrizione, tradotta letteralmente, è citata dal dotto Iones ne’ suoi Commenti sulla poesia asiatica, pag. 177.