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baciando la terra per implorarne la clemenza. Alzatosi poi, rimase in piedi, colle mani incrociate e gli occhi bassi, aspettando gli ordini del padrone.

«— Furfante,» gli disse Amgiad, con isguardo ed accento di collera, «dimmi se v’ha al mondo uno schiavo peggiore di te. Dove sei stato? Che cosa facesti per tornartene a quest’ora?

«— Signore,» rispose Bahader, «vi domando perdono; sono stato per le commissioni di cui m’incaricaste; non credeva che doveste tornare sì di buon’ora.

«— Sei un mariuolo,» replicò Amgiad, «e t’accopperò a busse, per insegnarti a mentire e mancar al tuo dovere.» Si alzò allora, e preso un bastone, gliene diede due o tre colpi assai leggieri; quindi si rimise a tavola.

«La donna non fu contenta di quel castigo: si alzò anch’essa, prese il bastone, e ne scaricò su Bahader tanti colpi e così senza riguardo, che gliene vennero le lagrime agli occhi. Amgiad, dolente oltremodo della libertà che colei si prendeva, e perchè maltrattasse un officiale del re di tal importanza, aveva un bel gridare che bastava; ella continuò a batterlo. — Lasciatemi fare,» diceva, «voglio soddisfarmi, ed insegnargli a non istar tanto tempo fuor di casa un’altra volta.» E proseguiva sempre con tal furia, ch’egli fu costretto ad alzarsi e toglierle di mano il bastone, cui ella non lasciò se non dopo molta resistenza. Quando poi vide che non poteva più battere Bahader, tornò al proprio posto, e gli disse mille ingiurie.

«Bahader rasciugò le lagrime, e rimase in piedi per versar loro da bere; quando vide che più non mangiavano, ne bevevano, sparecchiò la tavola, pulì la sala, ripose tutte le cose al posto; e calata la notte, accese i lumi. Ogni volta che entrava od