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Capo XVI.

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Volsero alcuni giorni, ed io era nel medesimo stato; cioè in una mestizia dolce, piena di pace e di pensieri religiosi. Pareami d’aver trionfato d’ogni debolezza, e di non essere più accessibile ad alcuna inquietudine. Folle illusione! L’uomo dee tendere alla perfetta costanza, ma non vi giunge mai sulla terra. Che mi turbò? — La vista d’un amico infelice; la vista del mio buon Piero, che passò pochi palmi di distanza da me, sulla galleria, mentr’io era alla finestra. L’aveano tratto dal suo covile per condurlo alle carceri criminali.

Egli, e coloro che l’accompagnavano, passarono così presto, che appena ebbi campo a riconoscerlo, a vedere un suo cenno di saluto, ed a restituirglielo.

Povero giovane! Nel fiore dell’età, con un ingegno di splendide speranze, con un carattere onesto, delicato, amantissimo, fatto per godere gloriosamente della vita, precipitato in prigione