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Se n’andò, e lessi:

«Sono... (e qui diceva il nome) uno dei vostri ammiratori: so tutta la vostra Francesca da Rimini a memoria. Mi arrestarono per... (e qui diceva la causa della sua cattura e la data) e darei non so quante libbre del mio sangue per avere il bene d’essere con voi, o d’avere almeno un carcere contiguo al vostro, affinchè potessimo parlare insieme. Dacchè intesi da Tremerello — così chiameremo il confidente — che voi, signore, eravate preso, e per qual motivo, arsi di desiderio di dirvi che nessuno vi compiange più di me, che nessuno vi ama più di me. Sareste voi tanto buono da accettare la seguente proposizione: cioè che alleggerissimo entrambi il peso della nostra solitudine, scrivendoci? Vi prometto da uomo d’onore, che anima al mondo da me nol saprebbe mai, persuaso che la stessa secretezza, se accettate, mi posso sperare da voi. — Intanto, perchè abbiate qualche conoscenza di me, vi darò un sunto della mia storia, ec.»

Seguiva il sunto.