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70 le confessioni d’un ottuagenario.

alto per accorgersi dalle finestre che era giorno nelle ore di sole. Era uno stanzone vasto e quadrato, per una buona metà occupato da una tavola coperta d’un tappeto verde e grande come due bigliardi. Tra due cannoniere, verso i fossati del castello, un gran camino; rimpetto, fra due finestre che davano sul cortile, una credenza di noce a ribalta; nei quattro canti ci erano quattro tavolini e sopra le candele preparate pel gioco della sera. Le scranne pesavano certo cinquanta libbre l’una, ed erano tutte uguali, larghe di sedere, a piede e schienale diritto, coperte di marrocchino nero ed imbottite di chiodi: almeno così si avrebbe giudicato dalla morbidezza. La mensa s’imbandiva al solito per dodici coperte: quattro per parte nei due lati più lunghi, tre nel lato vicino al corritojo, pel fattore, il curato, ed il cappellano: ed un lato libero pel signor conte. La sua signora consorte e la contessa Clara stavano alla sua diritta, e Monsignore col cancelliere a sinistra; i posti fra questi e l’altro lato della tavola erano occupati dal capitano colla moglie, e dagli ospiti. Se non v’erano ospiti i loro posti restavano disoccupati, e se crescevano i due, il capitano e la moglie cercavano rifugio negli intervalli fra il perito il fattore e il cappellano. Costui del resto, come dissi, sfuggiva quasi sempre all’onore della mensa padronale: laonde la sua posata il più delle volte tornava netta in cucina. Agostino, il credenziere, recava le portate vicino al signor conte, e questi dal suo seggiolone (egli solo aveva una specie di trono che gli uguagliava quasi le ginocchia al livello della tavola) gli accennava di tagliare. Quando avea finito, il signor conte si pigliava giù il miglior boccone, e poi con un altro cenno passava il piatto alla moglie: ma mentre accennava colla destra, era già inteso a mangiare colla sinistra. Il cocchiere e Gregorio ajutavano il servizio, ma questi ajutava ben poco, perchè troppo lo occupava il versar sempre da bere a Monsignore,