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pochi pretenderanno esser santi come loro, eppur quanti ne trovate che pratichino le eguali astinenze per ottenerne gli uguali effetti? È segno che tutti si rassegnano a pigliar le cose come stanno; contenti di salvar la decenza colla furberia della gatta che copre di terra tutte le immondizie, come dice e consiglia l’Ariosto. Sì, sì, ve lo dico e ve lo confermo; giovani e vecchi, grandi e piccini, credenti o miscredenti, pochi vivono spesso che attendano e vogliano combattere le proprie passioni; e confinare i sensi nella sentina dell’anima, dove la natura civile ha segnato loro il posto. Nato il male, non è questo il secolo de’ cilicii e delle mortificazioni da sperarne il rimedio. Ma la educazione potrebbe far molto coltivando la ragione, la volontà e la forza, prima che i sensi prendano il predominio. Io non sono bigotto: e non predico pel puro bene delle anime. Predico pel bene di tutti e pel vantaggio della società; alla quale la sanità dei costumi è profittevole e necessaria, come la sanità degli umori al prosperare d’un corpo. La robustezza fisica, la costanza dei sentimenti, la chiarezza delle idee, e la forza dei sacrifizii sono suoi corollarii; e queste doti meravigliose, saldate per lunga consuetudine negli individui, e con essi portate ad operare nella sfera sociale, tutti conoscono come potrebbero ingerminare, proteggere, ed affrettare i migliori destini d’un’intera nazione. Invece i costumi sensuali, molli, scapestrati fanno che l’animo non possa mai affidarsi di non essere svagato da qualche altissimo intento per altre basse ed indegne necessità: il suo entusiasmo fittizio si svampa d’un tratto, o almeno diventa un’altalena di sforzi e di cadute, di fatiche e di vergogne, di lavoro e di noje. L’incancrenirsi di siffatti costumi sotto l’orpello luccicante della nostra civiltà, è la sola causa per cui la volontà è diventata aspirazione, i fatti, parole, le parole, chiacchiere; e la scienza si è fatta utilitaria, la concordia impossibile, la coscienza venale, la