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214 le confessioni d’un ottuagenario.

e premura. Si lanciò una tavola da fabbrica nel fosso; io ch’era assai destro in quella maniera di navigare varcai felicemente all’altra sponda, e d’un colpo di mano rimandai loro lo scafo. Indi, mentre nella cucina del castello intonavano, per consiglio di monsignor Orlando, un secondo rosario, mi misi fra le folte ombre della notte alla mia coraggiosa spedizione.

La Clara infatti, uscita dalla postierla del castello prima dei vespri, come avea riferito l’ortolano, non era più ritornata. Credeva ella incontrar la sua mamma lungo la strada di Fossalta, e così un passo dietro l’altro era arrivata a questo villaggio senza imbattersi in nessuno. Allora dubitò che l’ora fosse più tarda del consueto, e che la brigata del castello avesse dato addietro, appunto durante il giro da lei percorso nell’andare dall’orto alla strada. Si rivolse dunque frettolosamente per ridursi essa pure a casa; ma non avea camminato un trar di sasso, che lo scalpito d’una pedata la sforzò a voltarsi. Era Lucilio; Lucilio tranquillo e pensoso come il solito, ma irraggiato in quel momento da una gioja mal celata o fors’anche non voluta celare. Egli pareva moversi appena; eppure in un lampo fu al fianco della donzella, e ad ambedue forse quel lampo non sembrò così subito come il desiderio voleva. Nessuna cosa accontenterà mai la rapidità del pensiero: la vaporiera oggimai sembra troppo lenta; l’elettrico un giorno parrà più pigro e noioso d’un cavallo di vettura. Credetelo — si farà, si farà; e in ultima analisi le proporzioni rimarranno le stesse, come nel quadro ingrandito dalla lente. Gli è che la mente indovina sopra di sè un mondo altissimo, lontano, inaccessibile; e ogni giro, ogni passo, ogni spirale che si muova, o si agiti senza raccostarla a quel sognato Paradiso, non sembrerà moto ma torpore e noja. Che vale andar da Milano a Parigi in trentasei ore piuttostochè in duecento? Che vale poter vedere in quarant’anni dieci volte, invece che una,