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182 le confessioni d’un ottuagenario.

tornare a Cordovado, tre omacci scellerati gli si buttarono addosso coi manichi dei coltelli, e cominciarono a dargli contro a tradimento, che egli sopraffatto dall’improvviso assalto ne andò rotolone per terra, e stava assai a mal partito. Ma in quel momento un’anima negra e disperata saltò fuori dalla siepe, e cominciò a martellar col calcio del fucile i tre sicarii e a pestarli tanto, che toccò ad essi difendersi, e Leopardo riavutosi dalla prima sorpresa si mise a tempestare a sua volta.

— Ah cani! ve la darò io! — gridava quel nuovo arrivato, inseguendo i tre manigoldi che correvano verso il ponte del castello.

Ma costoro, schivati i colpi dei due indemoniati, correvano tanto leggieri, che non venne lor fatto di raggiungerli che proprio sulla porta. Per fortuna che questa era serrata, onde, per quanto gridassero di aprire, di aprir subito, ebbero comodamente il tempo di buscar qualche cosa. Appena però il guardiano ebbe socchiuso lo sportello vi si precipitarono dentro, che sembravano sfuggiti alle mani del diavolo.

— Va là! t’ho conosciuto! disse allora volgendosi un di coloro, che era proprio Gaetano. — Sei lo Spaccafumo, e me la pagherai salata questa soperchieria, di volerti immischiare in ciò che non t’appartiene.

— Sì, sì, sono lo Spaccafumo! — urlò l’altro di fuori. — E non ho paura nè di te, nè del tuo malnato padrone, nè di mille che ti somiglino!

— Avete udito, avete udito! — riprese Gaetano mentre si rinchiudeva la porta a gran catenacci. — Come è vero Dio che il padrone lo farà impiccare!

— Sì, ma prima io appiccherò te! — gli gridò di rimando lo Spaccafumo, allontanandosi con Leopardo che a malincuore si partiva da quella porta serratagli in faccia.

E poi il contrabbandiere tornò dietro la siepe, vi