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166 le confessioni d’un ottuagenario.

quella famigliuola d’argento vivo; e la giovinetta si curvava sopra di loro come a riceverne i ringraziamenti. E poi quando l’imbandigione era più copiosa, diguazzava coi piedi sott’acqua per godere di quell’avidità spaurita un momento ma presta a rifarsi temeraria per non perdere i migliori bocconi. Questo rimescolamento più in su de’ suoi piedini faceva intravedere i delicati contorni d’una gamba ritondetta e nervosa; e i capi della pezzuola le si scomponevano affatto sulle spalle: onde il suo petto pareva esser contenuto a fatica dalla giubberella di pannolano, tanto l’allegrezza lo rigonfiava e lo commoveva. Leopardo, di tutti orecchi ch’era prima nell’ascoltar l’usignuolo, s’era poi fatto tutt’occhi, e della metamorfosi non erasi neppur accorto. Quella giovinezza innocente semplice e lieta, quella leggiadria ignara e noncurante di sè, quell’immodestia ancor fanciullesca e che ricordava la nudità degli angeletti che scherzano nei quadri del Pordenone, quei mille vezzi della persona snella e delicata, quei capelli castano dorati e ricciutelli sulle tempie come fossero d’un bambino; quel sorriso fresco e sincero fatto apposta per adornare due fila di denti lucidi, piccioletti ed uniti come i grani d’un rosario di cristallo; tutto ciò, dico, si dipingeva con colori di meraviglia nelle pupille del giovine. Avrebbe dato ogni cosa che gli domandassero, per essere uno di que’ pesci tanto dimestici con lei; si sarebbe accontentato di rimaner là tutto il tempo di sua vita a contemplarla. Ma egli era piuttosto sottile di coscienza, e quei piaceri goduti di furto, anche nel rapimento dell’estasi, gli stuzzicarono entro una specie di rimorso. Si diede dunque a fischiare non so qual arietta, con quanta aggiustatezza ve lo potete immaginare voi, che sapete per prova l’effetto prodotto nella voce e sulle labbra dai primissimi blandimenti dell’amore. Fischiando senza tono e senza tempo, e movendo qua e là le frasche come capitasse allora, egli