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144 le confessioni d’un ottuagenario.


cortile udii la sua voce e quella degli altri ragazzi che cinguettavano ne’ loro giuochi; e siccome io aveva paura di esser veduto o prevenuto da Martino, o denunziato da alcuno dei fanciulli, non mi cimentai a vestirmi e scendere nel cortile come ne aveva quasi volontà. Io stetti coll’orecchie intese e il cuore in tumulto, che mi impediva quasi di udire. — Tuttavia di lì a un’ora intesi la Pisana gridare a perdifiato:

— Martino, Martino, come sta dunque Carletto?

Martino dovette aver capito e le avrà anche risposto, ma io non ne intesi nulla: solamente lo vidi entrar di lì a poco colla boccetta della medicina, e mi disse che la contessa lo avea incontrato per la scala, e domandatogli se era vero che mi fossi spaccata la fronte contro la parete per la disperazione.

— È vero questo? — soggiunse il buon Martino.

— Non so, io gli risposi; ma ieri sera era così scaldato, che posso aver fatto delle sciocchezze senza che ora me ne ricordi.

— Non te ne ricordi? — soggiunse Martino che poco m’aveva capito.

— No, no, non me ne ricordo; ripresi io. — Ed egli non rimase affatto contento d’una tale risposta, poichè gli pareva a lui che dopo aver conciato il muso a quel modo, per un pezzo dovesse durarne buonissima memoria.

La medicina fece il suo effetto, migliore forse e più improvviso che nessuno si sarebbe aspettato, perchè il giorno stesso mi alzai; e quanto al castigo inflittomi dalla contessa non se ne parlò più. Gli è vero peraltro, che non si parlò neppure di ristabilirmi nella camera della Faustina, e che il mio canile rimase definitivamente nell’appartamento di Martino. Come si può immaginare, la voglia di riveder la Pisana dopo quell’improvvisata della notte scorsa ci ebbe un gran merito nella mia repentina guarigione; e