Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/104


capitolo secondo. 77

si moveva era morto. E in un attimo tutti i miei compagni mi stavano intorno per difendermi, quali col coltello sguainato, e quali con pistole uguali a quelle che aveva io. Vi fu un istante di sospensione, e poi nacque un parapiglia, che non so come, ci trovammo tutti uno addosso dell’altro senza per altro far fuoco nè adoperar delle armi altro che i manichi, perchè in verità la quistione non ne valeva la pena. E batti di qui e pesta di là quelle povere Cernide erano molto malconcie e le loro ova del pari, quando capitò il Capo di Cento col resto della masnada e ci tolse in mezzo costringendoci colle minaccie a cessare da quel tafferuglio: se no diceva avrebbe comandato fuoco senza riguardo nè per amici nè per nemici. Si chiamarono allora testimoni di chi fosse la colpa; i quali come si usava sempre diedero ragione a noi e torto alle Cernide, e così ci lasciarono andare senz’altro disturbo. Ma mentre io mi ritirava facendo il gradasso fra i miei compagni di quel trionfo, quel cotale che avea ballato la furlana mi gridò dietro che guardassi bene ballando di non perdere la mia cresta di pelo, chè egli ne avrebbe fatto un trofeo da metter in capo al suo asino pel secondo giorno della fiera. Io gli risposi con un gesto da piazza che se lo prendesse, e che tra l’asino e lui avrebbero fatto sempre due, ma che mai non avrebbero toccato la cresta. Lì il Capo di Cento ci fece troncar le parole, e noi andammo a ballare colle più belle della sagra, mentre le Cernide accendevano i fuochi per far le frittate, cogli ovi che erano rimasti. Quella sera io mi fermai sulla festa più forse che non avea contato nel venirci, per vedere cos’era buono a fare quel mascalzone che m’avea sfidato; e così pure alcuni de’ miei compagni. E poi ad un’ora di notte che faceva uno scuro d’inferno prendemmo verso la barca di Mendrisio dove sulla sponda opposta mi aspettava la carretta del castaldo. La strada era profonda e tortuosa fra campa-