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nasconder loro la verità; ogni passo nella scienza li conduce verso questa verità, e la verità è la morte...»

L’arte, la poesia?.... Per lungo tempo, sotto l’influenza delle lodi unanimi, cercai di convincermi che quello era un lavoro che si poteva fare; nonostante la morte che annienterebbe le mie opere e il loro ricordo. Ma vidi ben presto che anche quello era un inganno. Evidentemente l’arte è un ornamento, un’attrattiva della vita; ma avendo la vita perduto per me ogni attrattiva; in che modo avrei potuto farla amare degli altri? Fin che non avevo vissuto la mia propria vita, ma una vita estranea, con le sue esigenze, fin che avevo creduto che la vita avesse un senso, quantunque non potessi definirlo, i varî riflessi della vita nella poesia e nelle arti mi davano della gioia; mi piaceva guardar la vita nelle specchio dell’arte. Ma quando incominciai a cercare il senso della vita, quando sentii la necessità di vivere me stesso, questo specchio mi divenne inutile, superfluo, ridicolo, insopportabile. Non potevo consolarmi per ciò che vedevo nello specchio: una situazione stupida e disperata. Era giusto che me ne rallegrassi quando, nel fondo della mia anima, credevo che la vita avesse un senso: allora questo gioco di luce della vita ― il comico, il tragico, il commovente, il bello, il terribile ― mi divertiva; ma quando seppi che la vita era insensata e orribile, il giuoco dello specchio non potè più divertirmi; non trovai più nel miele nessuna dolcezza, quando vidi il drago e i due sorci rodenti il mio sostegno.

È ancor poco. Pur avendo compreso che la vita non aveva senso, avrei potuto non soffrirne, rassegnarmi al destino; ma nulla poteva