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con peritosa faccia1, e stava più indietro che l’altro; e non così arditamente quelli disse: che mi domandi, messere? Il giovane rispose: domandoti d’onde se’, e di che condizione? Et elli rispose: Io sono di Siria, e sono re, et ho sì saputo fare, che li sudditi miei m’hanno cacciato. Allora il giovane prese tutto l’oro, e diello a questo scacciato. Il grido andò per lo palagio. Li baroni e cavalieri ne tennero grande parlamento, e tutta la corte sonava della dispensagione di questo oro. Al padre furono raccontate tutte queste cose, e le domande e le risposte a motto a motto. Il re incominciò a parlare al figliuolo, udenti molti baroni, e disse: come dispensasti? che pensero ti mosse? qual ragione ci mostri, che a colui che per sua bontà avea guadagnato non desti, et a colui ch’avea perduto per sua colpa e follia tutto desti? Il giovane savio rispose: messere, non donai a chi non m’insegnoe, nè a neuno donai, ma ciò ch’io feci, fu guidardone e non dono. Il mercatante non m’insegnò neente; non li era neente tenuto. Ma quelli che era di mia condizione, figliuolo di re, e che portava corona di re, il quale per la sua follia avea sì fatto, che i sudditi suoi l’aveano cacciato, m’insegnò tanto, che i sudditi miei

  1. con peritosa faccia. Peritoso lo stesso che timido. Questo vocabolo non è ito in disuso affatto: l'adoperò anche Francesco Redi, il qual disse: “se vengo a palesarvi la credenza ch’io ne tengo, lo fo con animo peritoso e con temenza grandissima”. Esp. int. alla gener. degl’ins., facc. 14, ediz. 1668.