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di lagrime. 27


forse — le piacciono — i — i cani?” Il Sorcio non rispose, e Alice seguitò così. “Vicino a casa nostra, c’è un bellissimo cagnolino, se lo vedesse! È un canbassetto con certi belli occhi luccicanti, e col pelo cenerino, arricciato e lungo! Ei busca benissimo le cose che gli si gittano, e siede sulle zampine di dietro per pitoccare il suo desinaruccio, e fa tante altre belle cosettine — non potrei neppure rammentarne la metà — appartiene a un fattore, ed egli dice che la bestiolina vale proprio un Perù, perchè gli è utile di molto, e uccide tutt’i topi, e — oimè!” gridò Alice tutta sconsolata. “Temo d’averla offesa di nuovo!” E davvero l’aveva offeso perchè il Sorcio si allontanò nuotando furiosamente ed agitando le acque dello stagno.

Alice lo richiamò con un soave tuono di voce, “Sorcio caro, ritorni pure, ed io le prometto che non parlerò più di gatti nè di cani!” A queste parole, il Sorcio si rivoltò indietro, nuotando lentamente verso di lei: la sua faccia era pallida (di rabbia, pensò Alice), e disse con voce sommessa e tremante, “Approdiamo alla spiaggia, e le rac-

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