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dere, dicendo che quel modo di fare era il cartone che i nostri maestri vecchi facevano per lavorare in fresco per maggiore brevità.

« Discernasi dunque se io mi accosto alla più vera cagione congetturando, che quei vecchi pittori trattandosi di un'opera grande si davano a credere di più agevolmente operare col ritirare dal piccolo disegno la concepita idea come si rileva in alcune parti retate; e schizzata addirittura tutta la composizione sulla facciata rozza vedere l'effetto delle proporzioni ingrandite ed emendar gli errori. Il che fatto convien credere che dovessero calcare e forse dilucidare tutti quei dintorni espressamente segnati di tinta rossa con vari pezzi di cartone. Questi poi applicati sull' intonaco composto di calce e sabbia finissima e nella superficie levigato e netto, spiegano sufficientemente l'indicato confronto ».

Ma il Da Morrona si ingannava a partito. Sull'arricciato si preparava il vero cartone dell'affresco come affermava il Vasari. Lo conferma in modo esplicito Cennino Cennini al capitolo LXVII del « Libro dell'arte », che tratteggia con rara semplicità e chiarezza le pratiche fondamentali dell'affresco. « Quando vuoi lavorare in muro (che è il più dolce e il più vago lavorare che sia), prima abbi calcina e sabbione, tamigiata bene l'una e l'altra. E se la calcina è ben grassa e fresca, richiede le due parti sabbione, la terza parte calcina. E intridili bene assieme con acqua, e tanta ne intridi che ti duri quindici dì o venti. E lasciala riposare qualche di, tanto che n'esca il fuoco: chè quando è così focosa scoppia poi lo 'ntonaco che fai. Quando se' per ismaltare, spazza bene prima il muro, e bagnalo bene, chè non può essere troppo bagnato; e togli la calcina tua ben rimenata a cazzuola a cazzuola; e smalta prima una volta o due, tanto che venga piano lo 'ntonaco sopra il muro.