Pagina:La secchia rapita.djvu/203

190 CANTO


III.


Il Conte che si vede andar fallato
     Contra la moglie il suo primier disegno,
     Pensa di vendicarsi in altro lato,
     28E volge contra Titta ogni suo sdegno.
     Sa che, per ritrovarsi imprigionato,
     Per forza ha da tener le mani a segno.
     Lo chiama traditor solennemente,
     32E aggiugne che se ’l nega, ei se ne mente;

IV.


E che gliel proverà con lancia e spada
     In chiuso campo a pubblico duello;
     E perchè la disfida attorno vada,
     36La fa stampar distinta in un cartello.
     E vantasi d’aver trovata strada
     Da non poter in qualsivoglia appello
     D’abbattimento, o giusto o temerario,
     40Sottoporsi al mentir dell’avversario.

V.


Ma gli amici di Titta avendo intesa
     La disfida, s’uniro in suo favore,
     E feron sì, che la sua causa presa
     44E terminata fu senza rigore.
     Anzi perch’ei serviva in quella impresa
     Contra Bologna e ’l papa suo signore,
     Fu scarcerato come ghibellino,
     48Senza fargli pagar pur un quattrino.

VI.


Sciolto ch’ei fu, rivolse ogni pensiero
     Alla battaglia, pronto e risoluto.
     Preparò l’armi e preparò il destriero.
     52Nè consiglio aspettò, nè chiese aiuto.
     Poco avanti da Roma un cavaliero
     Nel campo modanese era venuto,
     Di casa Toscanella, Attilio detto:
     56E fu da lui per suo padrino eletto.