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Sotto cui scorre vorticosa fiamma,
1185E subitani scoppiano fragori,
Di sgomento a colmar chi passa sopra,
E ch’eran delle Urì giunti agli amplessi.
Ove alcun degli adulti giovinetti
Spedir voleasi al tradimento e al sangue,
1190S’assonnava di nuovo, e nella rôcca
Si riportava, ed era il suo destarsi
Un fastidio di tutte umane cose,
Un’ansia d’acquistar di nuovo il cielo,
E per sempre. Il feroce al par che scaltro
1195Di tali insanie profittava, e i suoi
Biondi sicarii in questa e in quella parte
Mandava; chè il morir di gioia, non duolo,
Lor riusciva. Quanti prenci e quanti,
Onde sottrarsi ai subiti pugnali,
1200Con prudente viltà si fêr del Crudo
Tributarii! L’obbrobrio sanguinente
Cento il mondo sofferse anni e cinquanta
D’Hassan nella prosapia; e fu supremo
Vegliardo Aloadin, che il generoso
1205Tabur mandò sotterra. Era il garzone
Figliuolo al re di Samarcanda, e in campo
Valore, ne’ consigli, oltre l’etade,
Mostro prudenza avea; ma un suo scettrato
Confine, assai temendone, dal Veglio
1210Comperò sua morte; e giubilando
La vendette Costui, che lo avversava,
Però che il genitor sempre distolse
Dall’offrirgli tributo, e con indegno
Vassallaggio mercando abbietti giorni,
1215Quasi approvar cotanta immanitade.
Il reale garzon Samarcandese
Fervea per Agiarne, e pari fiamma
La donzella struggea, che, pria che moglie,
Vedova, più di talamo non volle
1220Udirsi favellar: quando le inique