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* xxvi. *

Di versar regio sangue, e ne le vene
470De la Sposa o del Re macchiar sua spada;
E già ver l’uno e l’altra indrizza i colpi.
Impunemente osar cotanto ei crede;
E si pensava (o folle) ir di nemiche
Regali spoglie alteramente adorno.
475Sì temerario ardir già non sofferse
Il fosco Arcier, che sul teso arco adatta
Lo stral pennuto, e benchè a lui sicura
D’un Fante da la man morte sovrasti,
Al nemico s’avventa, in se disposto
480Per trarre a fin sì gloriosa impresa
A un bel desio d’onore offrir sua vita.
La stridente saetta al ventre in mezzo
S’affigge, e penetrando in sino a l’ime
Viscere arriva il sanguinoso acciaro.
485Quegli al suolo trabocca, e si dibatte
E vibra calci a l’aura; al fine uscìo
L’Alma sdegnosa, e si mischiò fra venti.
Indi cadde l’Arcier per man d’un Fante;
E tosto un altro de la plebe ostile
490Atterrò l’uccisor. più fiera ed aspra
Sorge la pugna. avventansi feroci
Le torrigere Belve; di saette
Da tesi nervi uscito un nembo stride: