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nestra e di maccheroni paesani, o di farro con formaggio fresco; e li distribuivano alle famiglie loro e ad una turba di poveri, di pezzenti puzzolenti che erano venuti ad attendarsi nel secondo cortile, venuti da lontani paesi solo per il vile scopo d’ottenere quella minestra e quel farro.

La chiesa fresca e odorosa, rallegrata dal trillo e dal fruscìo rapido delle rondini, veniva invasa e profanata da quei pezzenti che appestavano l’aria, che si grattavano, che non facevano posto, neppur pregati, alle persone civili. E si litigavano continuamente, fra loro, dandosi del mendicante e dell’immondezza, e del rognoso a tutte le ore.

Pellegrini puliti e devoti non mancavano mai. Venivano a piedi, scalzi, a testa nuda: alcune donne anzi a capelli sciolti.

Si trascinavano ginocchioni dalla porta all’altare, talvolta anche dal primo portone, e recavano offerte di denaro, di cera, di gioielli, di treccie di capelli. Se pagavano un tanto, il cappellano indossava il camice, curvava la testa per mettersi la stola, e il priore impugnava lo stendardo verde, e una processione, a conto del pellegrino, girava il cortile intorno alla chiesa: se si pagava il doppio, la processione girava per tutti i cortili.