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teva un tepore ineffabile nelle radure del bosco, profumate di ciclamini e viole. Si sarebbe arreso al tornar dell’inverno: c’era tempo ancora.

Intanto, un giorno che attraversava una pianura per recarsi da un bosco all’altro, la fortuna parve arridergli. Sotto un cespuglio trovò un grosso portafogli rosso, due portamonete, una borsetta e delle carte che la rugiada aveva inumidito alquanto. Guardò: denaro non c’era ma le carte dovevano esser d’importanza e forse il padrone gli avrebbe dato qualche mancia nel riaverle. Raccolse quindi ogni cosa e proseguì la sua strada, e quando vide l’amico che gli vendeva le legna, il quale sapeva leggere, gli raccontò ogni cosa.

— Oh, che il diavolo ci aiuti, queste cose erano del signor Saturnino Solitta! — gridò il compagno, guardandolo con diffidenza. Zio Chircu ebbe un brivido di paura, di raccapriccio. Il signor Saturnino Solitta era stato assassinato poco tempo prima, mentre tornava da Cagliari, dove aveva imbarcato e venduto un gran numero di porci grassi. Senza dubbio, l’assassino, dopo aver tolti i denari, aveva buttato via i portafogli e le carte.

— Queste sono cambiali, e questo foglio è