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Sempre fermo sul ciglione Jorgj cominciava ad inquietarsi, perchè dall’ombra proiettata sull’erba dalla lunga pertica che teneva in mano, egli s’accorgeva che le due erano trascorse.

— Che sia malata? — pensava. — Oh Dio mio, che ella abbia mangiato delle cattive erbe e sia malata? —

Intanto l’ora passava, e Nanìa non veniva.

Jorgj Preda, chiamato comunemente Tiligherta, era nativo del villaggio di Bitti, e poteva aver diciotto anni.

Assieme ad un vecchio pastore nuorese egli guardava le greggie d’un ricco signore: i pascoli ov’erano stazionati si stendevano vicini ad una delle cantoniere della strada nazionale tra Nuoro e Bitti.

Jorgj poteva dirsi un bel ragazzo, ed egli lo sapeva, alto e muscoloso, agile come un gatto selvatico coi capelli nerissimi e lucenti d’olio: aveva uno di quei profili scultori, come se ne vedono solo dalle parti di Bitti, e denti magnifici, ma la sua pelle era annerita completamente dal sole e dal freddo, e i suoi occhi annuvolati erano quasi tetri.

Allevato fra pastori di Nuoro, Jorgj parlava nuorese, ma conservava il costume del suo paese, rozzo e nero, coi calzoni di saja giallognola, stretti, corti, laceri e sporchi.