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della giumenta: il servo seguiva, guardando intensamente ogni moto del giovine.

Giunto presso zio Juanne Battista, Giame gittò una moneta nella bisaccia aperta del mendicante, che era o fingeva esser cieco: poi trasse un’altra moneta e la porse al vecchio custode.

Questo, che guardava con tanto d’occhi i nuovi venuti, respinse fieramente l’elemosina.

— Io non sono un mendicante.

— Scusate, allora, — disse tutto umile il giovine.

Zio Juanne Battista s’intenerì, trattenne il gentile signore, e disse:

— Io sono il custode della chiesa, e conosco quella giumenta lì — appuntava il dito verso la bestia. — Quella era mia.

— Oh! Vostra?

— Sì, mia, in fede cristiana! — esclamò il vecchio, mettendosi una mano sul petto.

Intanto, mentre il cieco cercava la moneta entro la bisaccia, e benediva con voce cadenzata chi gliela aveva data, sopraggiunse il servo.

— Salute, zio Juanne Battista — gridò, fermando il cavallo.

Il vecchio guardò quel testone selvaggio, dai capelli grigi, lunghi e arruffati, e riconobbe tosto il servo.