Pagina:La persuasione e la rettorica (1913).djvu/98

n — 91 — freddo e il gran caldo», nella attualità della mia vita tutte le cose, «l’eternità raccolta e intera». — ,È questa l'oggettività ? Sulla carta si può rivolgere a chi si vuole una simile domanda, ma chi la rivolgesse proprio a viva voce a uno scienziato, non ne uscirebbe sano. Con questa arrischierebbe infatti d'avere nuovamente tutto il sapere nel presente o di non averlo affatto: e la sua cara speranza, il suo assoluto, il suo Dio, il lavoro, sarebbe distrutto. Eppure se « oggettività » vuol dire » oggettività », veder oggettivamente o non ha senso perchè deve aver un soggetto, o è l’estrema coscienza di chi è uno con le cose, ha in sè tutte le cose: « sv cruvr/é? », il persuaso: il dio. La « coscienza delle cose per sè stesse e non pel mio bisogno », esige che queste cose siano tutte in un presente; e che questo presente sia l’ultimo presente. — Chè altrimenti le cose non sarebbero per sè stesse ma pel continuare: per un qualche bisogno. Dunque l’oggettività del lavoro scientifico nella quale gli scienziati vivono floridi ; Kqp*/. 6è tore Scovriti ÓJtsttke xev f)ì| ZeÌ'c AitéÀji xetéaai i|ÌS’ av>f(v«Toi fleoì. <’■?./.01 — non può esser quella oggettività catastrofica, chè altrimenti il loro esperimentare sarebbe un affermarsi simile a quello dell’ape quando pungendo muore; e il primo esperimento, il battesimo della scienza, sarebbe il battesimo della morte. — 92 — — Ma


 
 II


«Ma noi non guardiamo le cose con l’occhio della fame o della sete; noi le guardiamo oggettivamente», protesterebbe uno scienziato.

Anche l’«oggettività» è una bella parola. Veder le cose come stanno, non perché se ne abbia bisogno, ma in sé: aver in un punto «il ghiaccio e la rosa, quasi in un punto il gran freddo e il gran caldo», nella attualità della mia vita tutte le cose, «l’eternità raccolta e intera»...

È questa l’oggettività?

Sulla carta si può rivolgere a chi si vuole una simile domanda, ma chi la rivolgesse proprio a viva voce a uno scienziato, non ne uscirebbe sano. Con questa arrischierebbe infatti d’avere nuovamente tutto il sapere nel presente o di non averlo affatto; e la sua cara speranza, il suo assoluto, il suo Dio: il lavoro sarebbe distrutto.

Eppure se «oggettività» vuol dire «oggettività», veder oggettivamente o non ha senso perché deve aver un soggetto o è l’estrema coscienza di chi è uno colle cose, ha in sé tutte le cose: ἓν συνεχές, il persuaso: il dio.

La «coscienza delle cose per sé stesse e non pel mio bisogno» bisogna per forza che sia tutta in un presente; e questo presente l’ultimo presente – ché altrimenti le cose non sarebbero per sé stesse ma pel continuare: per un qualche bisogno.

Dunque l’oggettività del lavoro scientifico nella quale gli scienziati vivono floridi κῆρα δὲ τότε δέξονται

ὁππότε κεν δὴ

Ζεὺς ἐθέλῃ τελέσαι ἠδ' ἀθάνατοι θεοὶ ἄλλοι


non può esser quella oggettività catastrofica, ché altrimenti il loro esperimentare sarebbe un affermarsi simile a quello dell’ape quando pungendo muore – e il primo esperimento, il battesimo della scienza, sarebbe il battesimo della morte.