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un problema di cingue equazioni di quinto grado e trentacinque incognite: la cosa vi comincia a esser inquietante; tanto piú che le equazioni determinanti si vanno facendo incerte e lacunose... Cominciate quasi a dubitare della matematica... Ma poi, se siete matematico di razza, vi ci rimettete armato di tutti gli artifizi, poiché il problema ma v’avrá tolta la pace – ma invano: vi perdete in una nebbia di determinazioni con infinito numero d’incognite, con un infinito sponente, irriducibili, quanto anche v’adoperiate: un’equazione proprio indeterminatissima quella faccenda di diritti e doveri fra i due fratelli. – Poveri matematici, quanta fatica vana quando i dati non vi son dati, ma ve li dovete cercare, – e quando i dati sono dati, quanto lavoro inutile! Che avesse ragione il caro capo e refrattario alle matematiche di Sesto Empirico?



Conviene pensar meno alle equazioni e tanto piú all’equitá. –

Quanti sono schiavi del «bisogna vivere» che attendono tutto dal futuro e si protendono verso le cose, – pretendono da queste le consuete relazioni come con persona sufficiente che avendo in sé la ragione avesse di- ritto di chiedere. Tutti dicono: «ma infine ho diritto anch’io...»; «se sapeste cosa ho sofferto, capireste che ho ragione...»; «bisogna provare! mettetevi nei miei panni, e poi giudicate!»... E infatti, infatti