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una via che si confessa infinita (ma anzi appunto per questo) come risposta che deve soddisfare alla richiesta della persuasione.

Qualunque cosa uno scienziato indichi come parte della scienza, nella infinita correlatività di ciò che manca dell’essere, dirà sempre unredliches: cosa che come è inadeguata alla richiesta così è disonesta a dirsi.1 E dal velo dei suoi καλλωπίσματα, dalle sue parole «materia» «legge» «finalità» «principio vitale» ecc. esclamerà sempre allo stesso modo la stessa richiesta, ch’egli avrà violentato e reso ottusa nella sua propria vita quando dell’attività dell’esperimento si sarà finto vita sufficiente. –

È vero, la scienza non fa più affermazioni

  1. S’io chiedo «che cos’è il pane» e rispondo «pane è cio che mi sazia», ho dato una risposta giusta alla mia fame, alla continuazione della mia vita. Ma questa risposta avviene senza parole. Ho fame, prendo il pane, mangio e taccio. Ma se chiedo, non ho fame del pane ma di qualche cosa che la mia fame sazi più durabilmente che non faccia un pane. E a questa la risposta che a quella sazietà accennava è inadeguata. A questa fame sara adeguata la risposta che mi dica a che bene il pane sazi la mia fame, a che buon fine si continui la mia vita, onde pure il pane abbia un sufficiente fine alla sua esistenza. Con la mia domanda io chiedo al pane altro sapore che non quello dolce al mio stomaco. Ora se uno mi finga sufficiente sapienza nell’affermazione che il pane mi sazia perché contiene quelle tali sostanze, e queste le contiene perché è fatto di farina, e la farina si cava dalle tali granaglie e le granaglie... egli potrà dir molte cose ma dirà cose che non vogliono esser dette, dirà «unredliches» –