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per suo amore molto dolore e molto damaggio e molta vergogna. E questo non è per mia volontade, perché io di queste cose non sapea neente e non ne curava; ma per altrui sono io venuto in questo dolore, lá ond’io ho perduto tutto lo mio onore ed ho perduto tutto lo mio sollazzo e lo mio diporto». Molto si duole lo re Marco di questa aventura.


LXXXVI. — Ma ora lascio lo conto di parlare del re Marco, perché non appertiene a nostra materia ora e torno a Governale per divisare sí com’egli tornava a T. Ma dappoi che Governale ne fue partito da Tintoil, sí come detto è, cavalca tanto per sue giornate che pervenne ala magione dela savia damigella. E quando fue in quella parte, e Governale ismontoe da cavallo e andò a T. ed a madonna Isotta, e trovogli giucare a scachi. E quando T. vide Governale, sí lo domandoe e disse: «Che novelle hai tue?». E Governale disse: «Certo io abo buone novelle, perch’io abo recato quelle cose, le quali voi mi comandaste ch’io vi recasse». E T. quando intese queste parole fue molto allegro e disse: «Governale, ora aconcia bene lo mio distriere, sí come ti pare». Molto n’è allegro T. di questa aventura, dappoi ch’egli è cosí bene diliverato. Ma quando venne alo matino, e T. montoe a cavallo e Governale co lui e andarono a cacciare e pressero molta cacciagione, e dappoi tornarono ala magione dela savia damigella. E questa iera la vita che T. traea con esso madonna Isotta.

E istando in cotale maniera, e T. andò a letto con esso madonna Isotta. E dappoi che fue adormentato, e T. si sognava ch’egli s’andava a cacciare e uno cervio sí gli dava due fedite. L’uno colpo sí parea lui che gli toccasse molto al cuore, e di quello sentia molto grande dolore. E dappoi si venia questo cervio e davagli uno colpo, lá ond’egli non parea che ne curasse neente. E istando in quella visione e T. sí si dolea tutto. E quando fue isvegliato e T. ebe grande paura e incontanente s’acomandò a Dio. E istando per uno poco ed egli sí tornoe anche in questa visione, e molto sí ne dolea