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hanno qualche cosa di diverso. Quello di Robertino è più mobile: un rimprovero (basta dirgli: «Cattivo, Robertino!»), una lode («Robertino è tanto buono, è il cocco della mamma sua!»), si riflettono nelle pupille ridenti e nel volto diafano come entro uno specchio. «Robertino, va a prendere lo sgabello e portalo alla mamma!» e lui va, piano, prudente, barcollando come un vecchietto, e torna felice con lo sgabello. Il volto di Negrito, invece, rimane rigido; la pupilla non riflette ciò che è esterno. Se gli si dice: «Negrito, fa la tal cosa»; «Negrito, non buttare l’arena contro le persone», è quella volta che Negrito accumula tutto il suo entusiasmo, e fa peggio.

Perché Negrito è così? I suoi genitori quando lo misero al mondo dissero forse: «Noi vogliamo che la creatura che nascerà da questo amore, sia feroce?». Ma nessun padre augurò mai questo! Buono e bontà sono augurate parole dei padri ai figliuoli; anzi sono meravigliose parole, giacchè il loro senso è inteso da tutti, ma per scienza non hanno chiara spiegazione. E allora? Mah! Probabilmente si deve trattare di una specie di microbio, non ancora isolato dagli scienziati. Certo è che per Negrito era un esercizio piacevole quello di vedere, sotto la propria forza, soffocare Robertino.