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Ah!, Santo Francesco, meraviglioso nemico della ricchezza, tutto sempre si vende al mondo per trenta sicli! «Noi fummo già — dicevano i pini morenti — selva nobile e antica lungo il glorioso mare; e i padri nostri confortarono Dante, quel grande Umano che tenne gli occhi rivolti ai regni d’oltremorte, mentre la feroce guerra degli uomini latrava contro il suo petto! Veniva solitario fra noi; ed egli degnò la nostra vista e ne trasportò l’imagine armoniosa sull’alto del monte di purgazione; noi cantammo a prova con gli uccelletti dell’aria per raddolcir le sue pene; ed egli glorificò l’umiltà nostra e si ricordò di ogni nostro suono e moto, e «divina» e «spessa» e «viva» chiamò questa foresta che la barbarie delle nuove genti oggi distrugge!»


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Queste voci sentendo, io mi attardavo fra gli ultimi pini superstiti; ma da quella sera che vedemmo per l’argine passare in fila i carnefici delle nobili piante con le loro scuri nude su le spalle, un gelo mi corse al cuore.

Scostai i bimbi dal passaggio delle scuri, come se esse avessero minacciato anche me e quelle giovani vite. Un gelo mi corse al cuore, e alla selva più non tornai.