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fiore la bionda, rido per tutte le sue tenui carte. Ma gli uomini non l’udirono: essi non hanno distinto il canto del rosignolo.

«Di chi parlate, voi, Dio Pan?

«Ricordati di Severino Ferrari!

«Oimè, egli è infermo, Dio Pan, e mal noto agli uomini, — risposi io.

«Ben lo so. Ma impara che non sempre ciò che piace agli uomini piace anche agli Dei».

Allora palpitarono per la grande campagna questi versi:

O Biancofiore, i tuoi riccioli d’oro
come belli dormian sopra il tuo sen!

Bianco seno di latte ove sapendo
roseo va il sangue con mite vigor,
van due fragranti rose alte crescendo;
sotto la manca le fiorisce il cuor1.


*


Quando quel dì tornai a casa, la minestra era fredda, ma Dio Pan, il vecchio canoro che va errando pei campi, mi aveva insegnato mirabili cose nel canto delle sue cicale.

  1. Il Mago, canto 2.° Questo capitolo fu scritto quando Severino Ferrari era ancora in vita. Ora che egli non è più, e un tenue raggio di gloria sembra rifulgere su la sua tomba, mi è caro avere scritto queste parole.