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E dopo la nomina del nuovo sindaco in persona di Andrea Colonna, avvenuta il giorno 9 settembre, Garibaldi diresse al coerente sindaco che si ritirava, questa lettera molto onorevole:


Napoli, 10 settembre 1880.

Signore,

Il decreto, con cui ho provveduto alla nomina del suo successore nell’ufficio di Sindaco di questa capitale, è stato un omaggio che ho dovuto rendere alla sua politica delicatezza. So che l’opera sua, a giudizio dell’universale, è riuscita utilissima al Municipio, e di ciò, che la onora, io pure le rendo grazie. Confido che non sia lontano il momento in cui io possa rivederla in qualche pubblico ufficio, degno di Lei.

Soddisfo poi ad un bisogno del mio cuore, manifestandole la mia viva riconoscenza, pel modo veramente patriottico, con cui Ella ha adempiuto nel giorno 7 del corrente, alla missione affidatale, insieme al comandante della Guardia Nazionale.

Il Dittatore
firmato: G. Garibaldi.1



Il nuovo Decurionato si riunì la prima volta il 18 settembre sotto la presidenza del nuovo sindaco, Andrea Colonna, e come suo primo atto, deliberò di offrire a Garibaldi la cittadinanza napoletana e di presentare all’“illustre Dittatore dell’Italia meridionale, la sua adesione al Regno d’Italia, sotto lo scettro costituzionale del Re Vittorio Emmanuele„.


L’ultimo bilancio, detto stato-discusso, fu quello approvato nel 1858 e che doveva durare per il quinquennio 1858-1862. Le entrate comunali raggiungevano la cifra di 697370 ducati, e di questi rimanevano disponibili, ogni anno, 3000 ducati. Quei bilanci, redatti in modo chiarissimo, perchè a ciascun capitolo era annessa la sua spiegazione, rivelavano le condizioni di Napoli e le competenze del Decurionato: competenze e condizioni, che sdegnano qualunque paragone colle presenti. Basterebbe confrontare le cifre di quei bilanci, con quelle di oggi. Il maggior cespite di entrata erano i molini, non appaltati ma tenuti in amministrazione e che rendevano 40000 ducati; immediatamente dopo seguivano gli af&tti delle terre municipali, per 20000.


  1. Queste due lettere furono pubblicate nel Corriere di Napoli dal figlio del defunto ex sindaco, Carlo Pignone del Carretto, oggi principe di Alessandria.