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don Geremia ammoniva Francesco familiarmente sì, ma categoricamente:

Ti consiglio pel tuo meglio
Di accordarti con D’Azeglio,
E col conte di Salmour,
Inviato da Cavour.
Che se incalzan più le botte,
Se gli austriaci han più biscotte,
Se s’imbroglian più le carte,
Noi sarem, per Bonaparte.

Veramente D’Azeglio non c’entrava, ma per don Geremia D’Azeglio era sinonimo di Piemonte.1


Filangieri, fallita la missione piemontese e respinti i ripetuti consigli di Napoleone e dell’Inghilterra, non si diè per vinto. Gli avvenimenti incalzavano; le Legazioni si erano ribellate al Papa; e con Parma e Modena, le quali avevano rovesciate le loro piccole sovranità, si era costituito un governo dell’Emilia, come si era costituito un governo della Toscana. Villafranca parve che dovesse strozzare la rivoluzione, e Cavour fu lì lì per perdere la testa. Cominciò allora quell’insistente e tenebroso lavoro della diplomazia europea intorno alla così detta quistione italiana, e cominciò con esso il periodo delle agitazioni nel Regno e delle maggiori speranze dei liberali. Oggi si diceva che

  1. Don Geremia Fiore, oggi vicebibliotecario alla Brancacciana, pubblicò nel 1861 un volumetto di versi, dal titolo: Poesie politiche, con dedica al magnanimo Vittorio Emanuele di Savoia, Re d’Italia. I versi, molto curiosi, ricordano quelli sopra citati, i quali non sono compresi nel detto volume, ma a don Geremia vennero generalmente attribuiti, allora. Egli fu sempre liberale, cioè anti-borbonico, ed è anche oggi nella sua senilità avanzata, un prete simpatico ed elegante. In un’ode, dal titolo: La fine di Ferdinando II, così descrisse la malattia del Re:

    Un paralento cancro maledetto
    Gli fa il diavolo a quattro entro a una coscia,
    E rodendo, s’allarga, per diletto,
    Dall’anguinaglia alla panciaccia floscia:
    Vi genera tumori, e ognor più cresce,
    Che mentre un se ne taglia, un altro n’esce,

    E rilevando la stranezza dei bollettini dei medici diceva:

    E questo brulichio, che tutto appuzza,
    Disordine dai medici è chiamato
    Nel bollettin, che stitico tagliuzza
    Sue monche frasi in stile rabescato:
    Se il fiuti, non ha nulla d’ippocratico.
    Ma è un gergo, anzi un ribobolo enigmatico.