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d’Italia e delle due Monarchie, strettamente imparentate. I tempi erano grossi e occorrevano decisioni pronte e radicali.

Quando venne ricevuto dal nuovo Re il barone Hübner, per presentargli le congratulazioni dell’imperatore d’Austria, Filangieri non era ancora ministro. Quel ricevimento ebbe luogo il 4 giugno e destò nuove inquietudini nei liberali, perchè si diffuse la voce che l’Hübner fosse venuto per negoziare una lega fra Napoli e Vienna. Ma risorsero le speranze, quando giunsero, quasi contemporaneamente, il conte di Salmour e il barone Brenier, che Napoleone III tornava ad accreditare presso la Corte di Napoli, dandogli per segretario quel barone Aymè, mezzo napoletano e mezzo francese, che doveva, più tardi, avere una parte in quei tenebrosi intrighi di Corte, che precedettero l’Atto Sovrano del 25 giugno, e soprattutto quando Filangieri consigliò il Re a mandare uno dei suoi gentiluomini a rallegrarsi con Napoleone III e con Vittorio Emanuele della vittoria di Solferino. Il Re scelse per tale missione il duca di Bovino, genero del Filangieri, come colui, il quale dava maggiori garanzie di essere meno liberale. Ma questa nomina, tutta d’iniziativa del Re, ebbe tale successo d’ilarità, che il Filangieri scongiurò il Sovrano di scegliere altri, e fu scelto il principe d’Ottajano.


Nel 1859, il Collegio medico contava più di 300 alunni, distinti in quattro corsi: dei fisici, degli antepratici, dei pratici e dei chirurgi. N’era rettore il canonico Caruso, calabrese, la cui devozione a Ferdinando II e al ministro Murena toccava il fanatismo. Alto, bruno, robusto, peloso come un orso, era allora nel vigore degli anni. Gli occhi neri e le folte sopracciglia gli davano un aspetto quasi truce. Rozzo e privo di cultura, era amministratore del giornale La Verità, che dirigeva il prete Scioscia di Pescopagano, e aveva diretto il ricovero di mendicità nella badia del Morrone, lasciandovi pessima fama. Quando egli fu chiamato a capo del collegio medico, la disciplina di questo lasciava molto a desiderare. Frequenti le fughe notturne dei collegiali, le serenate nel fondo dei pozzi e altre cosette galanti. Caruso, per ristabilir la disciplina cominciò a pretendere che studenti e professori gli baciassero la mano, e tutti gliela baciavano, perchè in poco tempo egli era divenuto lo spavento degli uni e degli altri. Quattro soli professori non si piega-