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i palazzi della Legazione e del Consolato, alla Riviera di Chiaja; e la Legazione di Francia, al Chiatamone, aveva fatto altrettanto. I liberali, in gran parte studenti, ne presero occasione per affermarsi e affermare ad un tempo le loro simpatie alla causa nazionale, al conte di Siracusa, il cui palazzo era a breve distanza dalla Legazione sarda e al governo francese. La dimostrazione ebbe luogo la sera del 7 giugno e raccolse da due a tremila persone. I dimostranti vennero alle mani con la polizia; Niccola Caccavone ebbe ferita lievemente una mano e Teodoro Cottrau perdè le scarpe e la voce. In Corte furono vivacissime le invettive contro Gropello, creduto promotore della cosa, perchè egli aveva, non solo illuminata la facciata del palazzo, ma esposto tra i candelabri un enorme mazzo tricolore, dono di alcune signore napoletane; ma a lui non venne fatta la più lontana allusione per quanto era avvenuto.

Non si trattò di sostanziale mutamento nell’indirizzo del governo; il Filangieri non scelse lui i suoi compagni, né alcun uomo di notevole importanza entrò nel modificato ministero. De Liguoro alle finanze, Rosica all’interno e Ajossa ai lavori pubblici, furono i nuovi direttori. Troja divenne consigliere di Stato, cioè ministro senza portafoglio; Murena passò alla Corte Suprema e Bianchini fu consultore. Del vecchio ministero rimasero Carrascosa, nella stessa sua perpetua qualità di ministro in partibus, e Carafa, al quale gli avvenimenti italiani e la morte di Ferdinando II avevano fatto perdere la bussola. Questo ministero, messo insieme a un po’ per volta, quasi faticosamente, rivelava le incertezze del principe e la varia natura delle influenze, alle quali soggiaceva; spezzava la vecchia compagine e non ne creava una nuova, anzi alimentava l’inquietudine e le diffidenze della Corte e degli zelanti. Francesco, come tutte le nature deboli, credeva di accomodar tutto, giuocando di equilibrio; e univa il Casella e il Rosica, miti e sapienti magistrati, e il De Liguoro, intelligente funzionario del ministero delle finanze, allo zelante e ignorante Ajossa, che nulla sapeva di lavori pubblici, per acchetare la Regina vedova e tutto quel vecchio mondo ferdinandèo, che si agitava e seguiva con animo mal disposto le prime novità, brontolando contro il giovane Re, esagerando e malignando. Rosica era abruzzese, e il giorno stesso che andò al ministero fu trovato scritto sopra una porta interna