Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/92


— 76 —

regolamento del 4 giugno 1822, facevano parte del Consiglio dei ministri e del Consiglio di Stato. Erano direttori: Murena, dei lavori pubblici; Scorza, degli affari ecclesiastici e dell’istruzione pubblica; Mazza, della polizia generale; Pionati, di grazia e giustizia e Bianchini, dell’interno. I pochi ministri titolari erano distinti fra ministri con cartiera e ministri senza cartiera. Cosi il Troja e il Carrascosa, non avendo portafoglio, non avevano cartiera e Carafa era dispensato dal dovere di riferire e conferire in Consiglio di ministri, sulla politica e sulla corrispondenza diplomatica, dovendo solo renderne conto personalmente al Re. Anche al ministro di polizia era concessa questa esenzione, ma per quei casi soltanto, nei quali era necessario conservarsi il segreto con gli stessi ministri segretari di Stato. Solo col presidente del Consiglio il ministro di polizia non doveva aver segreti. Nel Consiglio dei ministri si preparavano tutti gli affari che avevano bisogno della sovrana risoluzione; e poichè non vi era quasi affare che di tale risoluzione non avesse bisogno, ne seguiva che si trattavano le cose più piccine ed inconcludenti, come, ad esempio, la istituzione di una fiera o la promozione di classe di un pretore, che si chiamava "giudice regio„, od altre simili quisquilie. La sovrana risoluzione era data dal Re in Consiglio di Stato, che era il Consiglio dei ministri, preseduto da lui; e, in sua assenza, dal principe ereditario che del Consiglio di Stato faceva parte. Ma i Consigli erano, tranne rari casi, preseduti sempre dal Re, che li convocava ordinariamente a Caserta; di rado a Napoli, dove stette poco negli ultimi anni; spesso a Gaeta; e, qualche volta, ad Ischia o a Portici.

Presidente del Consiglio dei ministri era, dunque, Ferdinando Troja; e segretario, detto "incaricato del protocollo„, il colonnello d’artiglieria Francesco d'Agostino. Dopo il congedo dato nel 1852 a Leopoldo Corsi, che dal 1841 cumulava tale ufficio con quello di segretario particolare del Re, ed era per ciò ritenuto il suddito di maggior potere in tutto il Regno, Ferdinando separò i due ufficii, conferendo quello d’incaricato del protocollo al colonnello D’Agostino e nominando capo della sua segreteria particolare il maggiore d’artiglieria, Agostino Severino, tuttochè lo ritenesse incapace non solo di scrivere, ma di copiare una lettera. Del Corsi non volle più saperne, per quante vie