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dizione. I principi, i dignitari, il sindaco e le altre autorità sedettero negli stalli canonicali. Il Re volle poi vedere l’altare di Sant’Oronzo, patrono di Lecce, ed accortosi che fra gli ornamenti mancava un paliotto d’argento, fece promessa di questo dono, promessa che, solo pochi anni or sono, venne sciolta dal figlio Francesco.

Usciti dal duomo, i Sovrani e i principi visitarono l’educandato delle fanciulle, detto delle Angiolille, diretto dalle suore della Carità; furono molto soddisfatti dei lavori delle alunne, e udirono composizioni poetiche per la circostanza. Erano fra le educande due nipotine di Niccola Schiavoni. Le ragazze, piangenti, presentarono al Re una supplica, ma il Re passò innanzi senza darsene per inteso. Tornati al palazzo, i Sovrani tennero circolo, cui presero parte le signore leccesi presentate nella mattina. Alle sei di sera, una sera splendida ma rigidissima, l’atrio dell’Intendenza fu di nuovo illuminato con la luce elettrica del padre Miozzi. La grande lampada era stata collocata nel mezzo del cortile; dagli archi pendevano candelabri, e ai lati, enormi fanali, con effetto veramente magnifico.

Alle sette era fissato lo spettacolo di gala al teatro, col Trovatore, ma il Re, saputo che in Lecce si trovava il noto buffo napoletano Mazzarra, disse: “Che Trovatore e Trovatore, voglio sentì don Checco; me voglio divertì„ . E, in poche ore, si dovette allestire il nuovo spettacolo. Il teatro, teatro così per dire, era allora dov’è presentemente il Paisiello: un locale vecchio e affumicato, a cui si addossavano catapecchie cadenti. Lo addobbarono alla meglio, con festoni di fiori, e con triplicata illuminazione. Il palco di mezzo fu destinato alla Corte. Molti spettatori occupavano gli altri palchi, ma la platea era sul principio quasi vuota per l’alto prezzo del biglietto di entrata, sei carlini, stabilito dal direttore don Alfonso Scarfoglio, onde l’intendente ordinò ingresso gratuito a quanti fossero decentemente vestiti, e così la platea si riempi in un attimo. All’ingresso prestavano servizio le guardie d’onore. Il Re venne ricevuto dalla commissione nel piccolo atrio; e poichè le cerimonie del ricevimento furono lunghe, dovè restare a capo scoperto per qualche minuto, sulla porta, mentre soffiava forte la borea di fuori e penetrava nella platea. La sua alta persona sporgeva quasi tutta fuori del palchetto, angusto per lui. Due gendarmi si