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dobbi era compensata dall’ampollosità delle epigrafi, che si leggevano in ogni punto e superanti in iperbole tutte le altre. Una diceva: Vieni — o Ferdinando Augusto — fra i plausi ed i voti — della tua Lecce — se lontana di sito — vicinissima d’affetto; e un’altra: Reputò assai lontana la Reggia — Ferdinando II — principe munificentissimo — per intendere i voti e le suppliche — della Città di Matennio e sino a lei venne sollecito — malgrado i rigori jemali — 13 gennaio 1859 — per interrogarla egli stesso — e a tutti i bisogni di lei — paternamente provvedere.

Alle finestre e ai terrazzini, nonostante l’ora incomoda, si sporgeva una moltitudine di signore e di signori, plaudenti e sventolanti bandiere e fazzoletti. La signora Stella Donadeo, vedova di Michele Spada di Spinazzola, che nonostante fosse fresca di parto, volle godersi quello spettacolo, ne prese una malattia, per la quale morì. Il cortile del palazzo dell’Intendenza era illuminato a luce elettrica: portentosa novità dovuta al padre Miozzi, professore di fìsica nel collegio reale dei gesuiti e al professore Giuseppe Balsamo, che poi fu deputato per alcuni anni. La carrozza reale entrò nel grande atrio del palazzo e si fermò innanzi allo scalone, dove erano convenuti il sindaco, don Pasquale Romano, i decurioni Giovambattista Guarino e Pasquale Pensini, il segretario generale de Nava, il presidente e i giudici del tribunale, nonché donna Maria Morelli, la baronessa Gualtieri, il barone Giovanni Casotti, il sacerdote Giuseppe Centonze, ex-cappellano militare, e altri pochi. Lungo lo scalone, da una parte facevano ala gli alunni del collegio dei gesuiti, dall’altra gli impiegati: tutti avevano torce accese in mano.

Sceso di carrozza, il Re chiese scusa di esser giunto in ora cosi mattutina e di aver disturbate tante persone; poi, tirando su con tutt’e due le mani i calzoni, com’era suo costume, disse alla guardia d’onore, Tommaso Caputo, che aveva accanto: “Fa molto freddo, guardia„; e il Caputo prontamente rispose: “Maestà, questo freddo non è bastato a intiepidire la devozione della cittadinanza, che ha voluto vedervi e salutarvi„. La risposta piacque al Re, che la ripetè nel ricevimento delle autorità. Si fermò, quindi, ad ammirare il cortile illuminato a luce elettrica, e poi cominciò a salire l’erto scalone quasi penosamente. Dopo i primi scalini, notò un ufficiale di ponti e strade, addetto alla piazza di Lecce, Luigi Lamonica e, fermandosi dinanzi a lui,