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che rappresentavano un pubblico lutto. Eppure i coscritti non partivano per la guerra, ma per andar ad oziare nelle guarnigioni di Napoli o delle vicinanze. Se se ne eccettui i soldati del genio, non vi era straordinaria occasione o pubblica disgrazia, nella quale venisse adoperato l’esercito. La vita neghittosa contribuiva a deprimerne il carattere.

Certo non mancavano tra gli ufficiali, soprattutto fra i giovani usciti dal collegio della Nunziatella, con la mente nutrita di buoni studii e appartenenti alle armi dotte, sensi di onor militare, nobili aspirazioni a un avvenire migliore e desiderio di riforme radicali. Erano aspirazioni individuali, che si perdevano in quel generale e rozzo scetticismo, il quale inquinava l’esercito, devoto al Re, ma umiliato dal Re, che non senza ostentazione mostrava di riporre maggior fiducia negli svizzeri; milizia senza ideali nazionali o di conquista, nè scuola del dovere, ben vestita, mal pagata e votata all’immobilità. Per quanto il partito liberale si adoperasse a far proseliti nell’esercito e diffondervi le idee di nazionalità e di patria, non vi riusci finchè visse Ferdinando II. Fu in appresso, quando, lui morto cominciò a sfasciarsi tutto l’edifizio suo, che la propaganda liberale si fece strada nell’esercito, ma aiutata da due circostanze capitali: la partenza degli Svizzeri e l’atto sovrano del 25 giugno 1860.

Una compagnia speciale era quella delle Guardie del corpo, ad alcune delle quali, andate da lui a reclamare perchè nello scegliersi fra loro gli ufficiali, si erano usate ingiuste preferenze, Ferdinando II rispose: "Belli figliuò, io ccà aggia fa comm ’u chianchiere, na chiena e na vacante1. Le guardie del corpo furono istituite nel 1734 da Carlo III, il quale portò a Napoli gli usi e i costumi di quelle di Spagna. Primo capitano delle guardie del corpo fu don Lelio Carosa, marchese di Arienzo. Ferdinando IV, tornato dalla Sicilia, ricostituì la compagnia con un decreto del 1° agosto 1815 e questa rimase così composta: un capitano, un tenente, un secondo tenente, due esenti primi, quattro esenti proprietarii, quattro esenti soprannumeri, quattro brigadieri, otto sottobrigadieri, un sottobrigadiere portastendardo, due trombettieri, centoventi guardie. Come si vede, ventisei tra ufficiali e sottufficiali su centoventi guardie. Erano poi quasi

  1. Belli figlioli, io qui devo fare come il macellaio, una piena e una vacante. — Idiotismo dialettale, che vuol dire giocar d’altalena.