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che perchè vennero male alloggiate e mal nutrite, e non erano avvezze a marcie lunghe e disastrose. Morirono parecchi soldati e due ufficiali della Guardia Reale, molti gl’infermi e moltissimo il malcontento che quel viaggio lasciò nei soldati. Il generale Garofalo diceva, con ingenua tristezza ai fratelli Alcalà dei quali era ospite a Pizzo: "Ma non valeva la pena per una passeggiata sacrificare tanta gente; se si fosse trattato di una campagna di guerra ci saremmo rassegnati„. Ferdinando dopo qualche giorno, aveva tutto dimenticato, e solo si compiaceva rammentare gli aneddoti più caratteristici di quel viaggio singolare, felicitandosi di non aver fatto spendere nulla ai comuni, alle provincie e ai privati per ricevimenti; di aver messe a posto alcune autorità inette o prepotenti; date lezioni ricordevoli a parecchi capuzzielli calavrisi;1 fatta arrabbiare parecchia gente, con ordini e contrordini; decretato il restauro di molte chiese e monasteri e concessi sussidii per oltre dieci mila ducati, distribuiti da lui personalmente, perchè egli davvero non si fidava di nessuno. Ricordava, con comico terrore, di aver ricevute ventotto mila suppliche per impieghi e soccorsi, e si compiaceva di essere stato molto parco nella concessione di onorificenze, nonostante le infinite richieste, non avendo difatti decorato che pochi sindaci e pochissimi capi urbani. Dopo qualche anno, anche queste ultime tracce erano nel suo animo cancellate. L’uomo era fatto cosi, e per le Calabrie e la Sicilia ebbe, finchè visse, un sentimento di diffidenza che non riusci mai a comprimere, e neppure a nascondere, come non riusciva a celare il suo disprezzo per quelle dimostrazioni plebee, che si somigliavano in superlative goffaggini e gli toglievano ogni libertà di muoversi, ma che non sentiva la forza di proibire. In sostanza egli, che ben conosceva i suoi sudditi e mostrava anche troppo di non averne una stima eccessiva, si lasciava vincere dall’ira sia che non l’acclamassero nelle forme meridionalmente clamorose, sia che queste degenerassero in goffaggini e plebei servilismi, onde da giovane trascendeva a vie di fatto; e da uomo maturo, a risposte indegne di persone mediocremente educate.



  1. Detti così i piccoli prepotenti di Calabria.