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Palma. Maria Annunziata aveva sedici anni e Maria Immacolata, quindici. Le altre due erano fanciullette, e piccino l’ultimo figliuolo Gennaro Maria, anzi don Gennarino, conte di Caltagirone. Ma la passione più forte della duchessa di Calabria, che si rivelò subito a Caserta, fa quella dei pappagalli e dei cani. I pappagalli salirono a dodici. La maggior parte del suo tempo ella lo consacrava alla cura di quell’uccellame, compiacendosi a imparar loro parole tedesche, che, straziatamente ripetute, provocavano la sua ilarità: la sola ilarità alla quale fu vista abbandonarsi. Anche in compagnia dei suoi giovani e rumorosi cognati non mutò il suo contegno, che se talvolta pareva inconsapevolezza, o infantile inesperienza della vita, più spesso era malinconia. Vi erano giorni, nei quali non usoiva dal suo appartamento e non scambiava una parola col marito. Unica confidente, la Rizzo, alla quale e al Raucci, suo maestro di casa, uomo prudente e fedele, aveva più volte detto: Se avessi le ali, me ne volerei al mio paese„. La Rizzo ne intendeva la ragione intima, ma non osava confessarla ad alcuno; era incerta sul partito da prendere, anche perchè Ferdinando II peggiorava di giorno in giorno, nè a lei, cameriera, non camerista, era concesso giungere sino al re; e molto meno si fidava della regina, sapendo quali erano i veri sentimenti di lei verso il duca e la duchessa di Calabria. Decise finalmente di confessar tutto al padre Borrelli, il quale, da uomo di mondo, le ingiunse il silenzio, lasciando a lui la cura di provvedere, e pare che non Benza difficoltà ne fosse finalmente venuto a capo...!


Tornato il re a Caserta, cominciò il viavai dei ministri, dei direttori, dei grandi dignitari e delle principali autorità, Vi furono quasi immobilizzati il marchese Imperiale, e il duca d’Ascoli, sonagliere del corpo, nonché i membri del gabinetto particolare del re sotto la direzione del colonnello Severino. Il principe di Bisignano, maggiordomo e il marchese del Vasto, andavano e venivano. Dei ministri, si vedevano più sovente il presidente del Consiglio e i ministri della guerra e delle finanze; dei direttori, il Bianchini e il Carafa, ma con maggiore frequenza il Carafa che vedeva ogni volta il re da solo a solo. Egli riferiva le notizie dell’estero, e dava specialmente comunicazioni dei dispacci di Antonini da Bruxelles e di Canofari da Torino, che