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venne l’agosto, il grano valeva ventuno e ventidue, ond’egli fece un grossissimo guadagno.

Federico Pavoncelli rimase quasi arbitro del mercato dei grani dopo il 1856 e negli anni posteriori, e morì vecchio, lasciando una cospicua sostanza. Uomo di talento commerciale non comune, egli creò dal nulla il suo patrimonio, in circa mezzo secolo di lavoro perseverante e sagace, e di economia rigorosa. Era nato per eccellere dovunque rivolgesse la sua attività e il suo ingegno; e se invece di svolgere la sua azione nell’antico Regno, e più nella piccola Cerignola, centro delle sue operazioni nelle Puglie, avesse avuto per campo l’inghilterra o l’Olanda, avrebbe accumulata una sostanza assai più cospicua. Io conobbi questo singolare vecchio un anno prima della sua morte. Giuseppe Pavoncelli, deputato al Parlamento e già ministro de’ lavori pubblici, fu il braccio destro del padre; da giovane fece il sovrastante ai magazzini di grano a Barletta, e s’arricchì da sè della geniale cultura onde è dotato. II più grande impulso alla trasformazione agricola in Puglia è merito del padre e del figlio. Quando videro che, per le mutate condizioni del mercato dei grani, la Russia, l’India e l’America riversavano nell’Europa torrenti di cereali, e che perciò il commercio di questi era finito, si volsero all’acquisto di terreni; e duemila ettari di terra trasformarono in un solo vigneto, con stabilimenti enologici, che sono fra i maggiori del mondo.


Nella gran dogana si accentrava tutto il movimento delle mercanzie; ai “Molo piccolo„ si negoziavano le frutta; al Mercato, al Carmine, le frutta secche e i legumi; a Portanolana, la crusca e le carrubbe — sciuscelle — e si negoziavano pure i grani provenienti per via di terra, e perciò detti “della Vatica„. Interessante era il commercio dei carboni, per massima parte provenienti dalla costa romana, insieme alle fascine, che anche oggi occorrono largamente per provvedere ai numerosi forni della città. Questo commercio era nelle mani di un tal Papaccio, nel quale si raccoglievano tutte le furberie del mestiere. Le fascine venivano con legnetti da cabotaggio, che caricavano sulla costa, da Terracina a Orbetello, ogni derrata, dal carbone all’olio. I facchini si chiamavano “scaricanti„ e tra essi la camorra reclutava i suoi migliori aggregati. Questi però costitui-