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il palazzo Pollis, fu loro addosso con la truppa nascosta nei pressi del tempio di Serapide e sulla collina di San Francesco li circondò d’ogni parte e li fece tutti prigionieri. La sconfitta del Re formò per molti giorni oggetto di commenti. Sull’imbrunire Ferdinando II, circondato dal suo Stato maggiore, fece riunire tutte le fanfare in piazza della Malva, quella stessa ora ridotta a giardino pubblico ed ivi al tocco dell’Ave Maria, scovrendosi il capo, ordinò che al suono delle musiche, tutte le truppe rendessero in ginocchio ringraziamento a Dio della giornata trascorsa. In tal modo finì la così detta Guerra finta, di cui rimane viva la memoria a Pozzuoli.


Il re era il capitano generale, cioè il capo supremo dell’esercito, ma più che a ravvivarne lo spirito, studiava di renderselo devoto. Compì alcune riforme più apparenti che reali, più meccaniche che organiche. Non pochi ufficiali superiori erano vecchioni, e chi non ricorda quel tenente generale Massimo Selvaggi che destava quasi la pietà o l’ilarità di quanti lo vedevano nelle parate, reggersi con grande fatica a cavallo? Gli ufficiali venivano in gran parte dalla bassa forza e avanzavano lentamente nella carriera, e solo in età tarda, o quando soverchiamente adiposi, guadagnavano le spalline. Le promozioni erano fatte per anzianità, e su ruolo unico, nelle diverse armi. Altri ufficiali erano forniti dalle guardie reali a cavallo, senza regolari promozioni, ma per semplice grazia sovrana. Buoni ufficiali, ma in troppo scarso numero per la quantità dei soldati, uscivano dal Collegio militare della Nunziatella, dove insegnavano professori come Paolo Tucci e Tommaso Mandoj, e avevano insegnato professori come Basilio Puoti, Francesco de Sanctis. Agli ufficiali il matrimonio era permesso, purchè la dote della sposa non fosse minore di quattromila ducati; e quando era al di sotto di questa somma, non mancava la grazia. E come avrebbe potuto muovere in guerra un esercito, comandato da uno stato maggiore decrepito o vecchio? Ferdinando II non si diede mai pensiero dell’eventualità di una guerra, perchè si credeva sicuro in casa sua.

Egli non si preoccupava che dei moti interni e per reprimere questi, l’esercito soverchiava; e c’erano poi gli svizzeri. Nonostante però il numero esagerato dell’esercito e la devota soggezione di questo, parrà strano, ma Ferdinando II non aveva