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— Dove mena questa via? gli chiese.

— Al lago Tscherkela.

— E quella delle colline?

— Egualmente.

— Quale è la più corta?

— Quella delle colline.

— Fathma è salva!

Tornò rapidamente indietro e si cacciò in una stretta gola rinserrata da colline tagliate a picco.

Il cavallo la percorse tutta d’un fiato, poi entrò in una valle ingombra di cespugli gommiferi e di tamarindi colossali. Il lago, se lo sentiva, era ormai vicinissimo. Laria era più fresca e volavano per l’aria stormi di pellicani e di fenicotteri, volatili che mai si allontanano dalle acque.

Ad un tratto il cavallo si arrestò. Tremava, rantolava, e aveva chinata la testa sul petto. Notis comprese che era agli estremi.

Lo percosse coll’impugnatura dell’jatagan, ma l’animale non si mosse.

— Ira di Dio! bestemmiò egli furibondo. Bisogna che tu cammini!

Accese un po’ d’esca e lasciò cadere una bricciola in un orecchio della povera bestia. A quel contatto si diede subito a precipitosa fuga scuotendo disperatamente la testa.

Era giunto quasi all’uscita della valle quando tornò ad arrestarsi. Cacciò fuori un ultimo nitrito, poi rotolò pesantemente al suolo; uno sprazzo di sangue gli uscì dalle nari e rimase immobile, irrigidito dalla morte.

Il greco non si perdette ancora d’animo. Strappò dalle fonde della sella le pistole e si mise a correre come un pazzo.

Appena uscito dalla valle il lago Tscherkela gli si svolse dinanzi tutto d’un tratto, racchiuso fra ridenti rive. Un mahari era legato al tronco di un palmizio, e sulla cima di una piccola roccia che cadeva a picco sulle acque, stava un negro di colossale statura, tenendo alzato al disopra della sua testa