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ancora accendermisi il sangue nelle vene, sento ancora palpitare il mio cuore di amore, mi sento trascinato mio malgrado a commettere delle pazzie... Fathma! Fathma!... Dimmi che non mi odii, dimmi che sei fuggita in un momento di aberrazione, dimmi che gli uomini che furono tuoi amanti li odii, dimmi infine che tu mi ami! Dimmi che ritornerai a diventare la favorita del Profeta del Sudan! Io ti innalzerò ancor di più, io ti farò non solo felice, ma assai grande, tanto grande che tutte le donne della terra ti invidieranno. Sono potente oggi, sono invincibile, dinanzi a me non ho più nemici capaci di contendermi il passo, non ho più nemici che scuotere possano la mia potenza. Duecentomila guerrieri, duecentomila fanatici, anzi duecentomila leoni mi obbediscono ed obbediranno pure a te. Io ti trarrò alla città santa, alla Mecca e di là li lancerò contro le nazioni dei due mondi che dovranno cadere una ad una dinanzi al fanatismo degli arabi. Io diverrò il padrone del globo e tu capisci, Fathma, sarai la gran sultana. Egli, completamente fuori di sè, tornò ad arrestarsi avviticchiato ancor più strettamente a Fathma, coprendola di baci.

D’improvviso si staccò da lei e le cacciò gli occhi dentro il viso; tremò tutto; un ruggito gli irruppe dal fremente petto.

Fathma era tutta ad un tratto cangiata. Lo smarrimento, il terrore l’angoscia, poco prima scolpiti sul volto di lei erano completamente scomparsi. Era diventata cupa e nei suoi occhi scintillava una fiamma sinistra. Ridiventava l’araba fiera, selvaggia, indomabile.

— Fathma! disse egli. Rispondi in nome di Dio! Tornerai tu a diventare la mia favorita? Tornerai a farmi felice? Io ti farò grande, io ti farò potente!

— No! diss’ella risolutamente, svincolandosi da lui.

Ahmed retrocesse barcollando. Credette di avere male compreso.

— Ripetilo! ripetilo! gridò egli.

— Odimi, Ahmed! esclamò Fathma con sorda voce. Tu sei potente, tutti i popoli del Kordofan chi-