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— È quello che desidero, disse la greca.

— Oh! fe’ il dongolese. E voi lascerete divorare quella bella donna? Ricordatevi che vostro fratello vi ordinò di condurgliela.

— Mio fratello non rivedrà più quest’almea. Se questa donna scampa potrebbe ancora attraversarmi la via e diventare mia rivale. Spenta che ella sia, Abd-El-Kerim perderà ogni speranza, ritornerà per forza da me e mi amerà ancora.

— Ma che dirà vostro fratello?

La greca trasse dalla cintola una borsa rigonfia e la pose nelle mani del dongolese.

— Nagarch, gli disse. Qui vi sono cento talleri e altrettanti ne avrai se tu non lascerai uscire dalle tue labbra una sola parola di quanto hai fatto e veduto. Noi diremo a Notis che ci fu impossibile fare prigioniera Fathma perchè trovasi sotto la protezione di Dhafar pascià e attendata proprio nel mezzo del campo egiziano.

— Sarò muto come un morto. Ah! voi siete ben terribile. Non ho mai incontrato in vita mia una donna simile.

— Almeno non dirai più così. Andiamo che le tenebre calano.

Il dongolese le accennò il cadavere di Alek. Si avvicinò al compagno, scavò coll’jatagan una fossa e ve lo seppellì colla faccia rivolta alla Mecca come prescrive il Corano. Quando tornò, Elenka era ferma dinanzi all’almea, colle braccia incrociate.

— Andiamo, diss’egli ponendosi in cammino.

— Povera Fathma! esclamò Elenka con ironia. È atroce perdere il fidanzato e la vita in un sol colpo!

Soffocò uno scroscio di risa, raggiunse il dongolese e pochi minuti dopo scomparivano in mezzo alle palme, lasciandosi dietro la vittima.

Era trascorsa una mezz’ora: quando la povera Fathma tornò in sè. Riaprì gli occhi strambasciati e roteanti in un cerchio di sangue, si raddrizzò con impeto felino addossandosi contro il ruvido tronco