Pagina:La favorita del Mahdi.djvu/110

108

— Fathma, disse d’un tratto la greca con voce stridula. Io ti odio!

— Ed io ti disprezzo e vorrei averti nelle mie mani per dilaniarti le carni.

— Odimi, abborrita rivale. Noi amiamo tutte due Abd-el-Kerim; è quindi necessario che una di noi scompaia dalla terra.

— Non chiedo altro che di misurarmi con te e di assassinarti, rispose Fathma che fremeva tutta dall’ira.

— Se noi ci assaliamo in questa stanza qualcuno potrebbe udire le nostre grida e venire a separarci. Sei tu tanto coraggiosa da seguirmi nella foresta? Nessuno ci vedrà e potremo scannarci a nostro agio.

— Vieni, maledetta greca!

— Prendi un fucile, che noi ci batteremo a fucilate. Ti conviene?

— Sì, perchè ti spezzerò il cuore con una palla.

— Ed io ti fracasserò quel superbo capo che dopo aver affascinato il ribelle Ahmed affascinò Abd-el-Kerim. Lo deformerò così orribilmente che nessuno riconoscerà più nel tuo cadavere l’almea Fathma.

Un sorriso sprezzante e insieme incredulo sfiorò le labbra dell’araba; lanciò lungi da sè l’jatagan, si gettò sulle spalle una magnifica farda ricamata in oro e staccò da un chiodo una carabina rabescata e incrostata d’argento.

— Con quest’arma abbattei più che dieci leoni, diss’ella fissando Elenka che s’avvolgeva nel suo taub. Oggi abbatterò te!...

— È ciò che io voglio vedere, o mia rivale. Vieni! rispose la greca.

Le due rivali abbandonarono la stanza e scesero nella via, nel mezzo della quale stavano i tre mahari guardati dai dongolesi. Bastò un cenno di Elenka perchè due degli animali venissero condotti dinanzi ad esse; vi salirono e pochi secondi dopo trottavano verso le foreste del Bahr-el-Abiad.