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con affetto e venerazione la madre, forse volendo eternare nella tela chi fu l’ispiratrice delle loro opere migliori. E la madre sorride nei gruppi pieni di tenerezza del Trobetzkoy; sono narrate le sue virtù e i sentimenti più sublimi nelle strofe alate del De-Amicis e del Costanzo, in quelle melodiose del Selvatico, e gli acerbi patimenti nei versi strazianti del Cena.

Sia ancora la ragazza cagione di giubilo, la sorella la buona, l’amica quella che piace e consola, la figlia la guardiana degli armenti, la moglie la madre gagliarda delle stirpi future, così come la volevano i nostri padri quando trascorrevano l’altipiano dell’Iran felici perchè avevano il culto della famiglia. E se la fronte delle nostre giovinette è talvolta meno serena perchè vi passa il pensiero del domani forse pieno di lotte, nell’animo loro risuoni sempre gradita la voce della madre, la loro vera ambizione sia quella di migliorare l’umanità col lavoro assiduo e con l’amore dato ai generosi e agli afflitti. Come la scienza progredisce negli anni, nei secoli, ma non rinnega mai se stessa svolgendosi si avanza più ricca nell’età conquistata, ma non ismentisce le sue talvolta umili origini, cosi la donna diventi pure più colta e potente che mai non sia stata, ma non disconosca mai se stessa, serbi fra la nuova fioritura delle sue evolute facoltà, il seme prezioso delle virtù antiche.