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la capanna dello zio tom


— «Sì, sì, mia cara; sarebbe, come vedi, un aiutarli; un incoraggiarli.»

La signora Bird era una donnetta timida, non più alta di quattro piedi all’incirca, di gracile complessione, con due occhi azzurri, con una voce piena di dolcezza; — quanto al coraggio, tutti sapevano che il grido di un gallinaccio avrebbe bastato a metterla subito in fuga, e che un cane da guardia, di mezzana grossezza, l’avrebbe tenuta lontana con mostrarle solamente i denti. Suo marito, i suoi figli erano tutto il suo mondo, ed ella regnava su costoro piuttosto colla dolcezza e colla persuasione, che col comando e coll’energia. V’era solo una cosa che avrebbe potuto infiammarla all’ira; e questa commozione solea svegliarsi nella parte più dolce e compassionevole del suo animo; tutto ciò che sentia di crudele le eccitava un’esaltazione che era tanto più sorprendente ed inesplicabile quanto più soave era l’indole sua in generale. Quantunque fosse la più indulgente, la più pieghevole di tutte le madri, tuttavia i suoi figliuoletti conservavano una paurosa memoria del castigo più terribile che ella avesse mai loro applicato, perchè in compagnia di alcuni sgarbati garzoncelli del vicinato, avean preso a sassate un povero gattino.

— «Vi assicuro — solea dire il più grandicello di essi, il signorino Bill — che ne portai i segni per un bel tempo. Mamma mi venne sopra con aspetto di infuriata, fui staffilato ben bene e mandato a letto senza cena, prima che io ne potessi sapere il perchè; quindi la intesi a piangere accanto all’uscio, e ciò mi fece più male che il resto. Vi assicuro — soggiungeva — che non prenderemo mai più a sassate un gattino!»

— In questa occasione, la signora Bird si levò prontamente in piede, e accesa in volto d’un bel rossore che la rendea più avvenente, si avanzò verso il marito, così apostrofandolo con accento e con piglio risoluto.

— «Ora, Giovanni, vorrei sapere se tu credi che una tal legge sia giusta e cristiana?»

— «Non vorrai mica ammazzarmi, Maria, se dico di sì!»

— «Non avrei mai avuto questo concetto di te, o Giovanni! l’hai tu votata?»

— «Sicuro, mia bella politicona.»

— «Ne dovresti arrossire, o Giovanni! Povere creature, senza letto, senza pane! È una legge vergognosa, iniqua, abbominevole, e la romperò io stessa, non si tosto l’occasione mi si presenti; e spero che questa occasione non tarderà! Le cose sono a un bel partito, se una donna non può dare un po’ di cena calda, un letticciuolo a creature povere, assiderate, solamente perchè sono schiavi, perchè furono maltrattati, oppressi per tutta la loro vita, povere cose!»

— «Ma, ascoltami, Maria. I tuoi sentimenti sono nobilissimi, giusti, ed io ti amo appunto per essi; ma non dobbiamo comportare che i no-