Pagina:La capanna dello zio Tom, 1871.djvu/404


— 394 —

la capanna dello zio tom


— «Credo che non sia necessario di dirvelo» rispose Cassy seccamente.

— «Parla dunque, vecchia strega» gridò Legrée.

— «Oh nulla! Che non importi a voi! Null’altro che gemiti, suono di frustate, e il rotolarsi d’un qualche corpo sul pavimento del granaio da mezzanotte al mattino!»

— «Gente sul granaio! — disse Legrée, non senza conturbarsi, ma sforzandosi di sorriderne. — Chi ci può essere, Cassy?»

Cassy alzò i suoi grandi occhi neri, e li fissò in volto a Legrée con un’espressione che gli penetrò il midollo dell’ossa, quasi volesse dire: «Chi vi sarà, Simone? Vi sarei grata se mel diceste. Credo che voi non l’ignoriate!»

Legrée, bestemmiando, fece atto di menarle un colpo di frusta, ma ella balzo da una parte, oltrepassò la soglia della camera, e volgendo uno sguardo addietro:

— «Provatevi — diss’ella — a dormire in quella camera, e saprete dirmi ciò che v’ha di nuovo. Forse anche sarà meglio per voi!» E subito chiuse l’uscio a chiave.

Legrée, sbuffando e bestemmiando, minacciava atterrar la porta; ma quindi, meglio riconsigliandosi, si ritrasse, torbido ed irrequieto, nella sala. Cassy si accorse subito, che avea côlto nel segno; e da quel punto non cessò mai, col più squisito accorgimento, di proseguire i suoi artificii.

Avea piantato il collo di una vecchia bottiglia in uno spiraglio aperto nel granaio per modo che, spirando appena un leggier vento, ne uscìan suoni lugubri, lamentevoli; e se il vento rinforzare, quel gemito si convertiva in un grido acuto, che ad orecchie credule e superstiziose potea sembrar facilmente uno strido di orrore e disperazione.

Questi suoni erano uditi tratto tratto dai servi, e ravvivavano più che mai la vecchia leggenda di spiriti. Una paura superstiziosa si diffuse in tutta la casa; e quantunque non vi fosse alcuno che osasse farne cenno a Legrée, se ne sentìa oppresso, circondato quasi da un’atmosfera.

L’ateo è l’uomo più superstizioso del mondo. Il cristiano è tranquillo sulla credenza d’un Padre sapientissimo, onnipotente, la cui presenza riempie d’armonia e di luce una immensità sconosciuta. Ma per l’uomo che ha balzato di trono l’Eterno, il mondo invisibile è, giusta l’espressione del poeta ebreo, terra d’oscurità, tenebrìa di morte, senza ordine, senza luce. Per lui la vita e la morte sono deserti pieni di fantasmi e di vaghe paure.

Il senso morale, assopito da lunga pezza nel cuore di Legrée, si era risvegliato, per così esprimermi, ne’ suoi colloqui con Tom — risvegliato un momento, per essere di bel nuovo soffocato dalla forza determinata del male; ma ad ogni modo, provava una commozione, un turbamento