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la capanna dello zio tom


chiuse da travicelli, e le imposte, scassinate, penzolavano da un solo arpione; tutto esprimea mestizia, abbandono.

Frantumi di legnami, strami, vecchi travi e casse logore ingombravano da ogni parte il terreno; tre o quattro cagnacci, dalla sinistra guardatura, rizzatisi al romorio delle ruote, si cacciarono impetuosamente verso la vettura per avventarsi contro Tom e suoi compagni, nè furono rattenuti che a fatica da alcuni negri pezzenti che corsero per guinzagliarli.

— «Vedete che belle bestie! — disse Legrée accarezzando i cani con una selvaggia compiacenza; e volgendosi a Tom e ai suoi compagni: — Vedete con chi avrete a fare se vi prendesse il ticchio di fuggir via. Questi cani sono stati ammaestrati a cacciare i negri, e sarebbero capaci di ingoiarseli in un boccone, non meno agevolmente della loro zuppa. Badate dunque a’ fatti vostri! Sambo!» soggiunse egli, volgendosi ad un negraccio, che, lacero nelle vestimenta, con un cappello senza falda su d’un’orecchia, gli si facea intorno tutto ufficioso.

— «Come sono andate le cose?»

— «Benissimo, padrone.»

— «Quimbo» disse Legrée ad un altro schiavo, che andava facendo ogni sforzo per attrarsi l’attenzione del padrone.

— «Ti sei ricordato di quanto ti ho detto?»

— «Sicuramente, padrone.»

Questi due uomini di colore erano i due principali attori nella piantagione. Legrèe avea saputo educarii sistematicamente, come si educherebbero due grossi bull-dog, ad una vita di brutalità e di ferocia abituali; e col lungo uso di incrudelire, li avea fatti eguali agli stessi mastini. Si è generalmente osservato — e ciò deporrebbe contro l’indole di questa razza — che un ispettore negro è sempre più tirannico, più crudele del bianco; la ragione è semplice; la natura del negro fu avvilita, pervertita più che quella del bianco. Ciò avviene in tutte le razze conculcate; lo schiavo è sempre tiranno, perché non può esser nulla di meglio.

Legrée, come alcuni potentati di cui parla la storia, governava la sua piantagione con una opposizione congegnata di forze. Sambo e Quimbo si odiavano cordialmente l’un l’altro; li altri negri della piantagione non li odiavan meno cordialmente; e Legrée, col servirsi degli uni contro li altri, era certo che verrebbe informato di quanto succedeva nella fattoria.

Siccome nessuno può vivere senza un qualche sociale consorzio, Legrée avea avvezzati i suoi due negri satelliti ad una grossolana famigliarità con lui — famigliarità che potea far nascere ad ogni momento tra loro due una rissa; perché, al menomo cenno del padrone, ciascun di essi era pronto ad avventarsi contro il compagno.

Mentre stavan presso Legrée, ben si vedeva a prova come gli uomini