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la capanna dello zio tom


è il comune risultato dell’equilibrio di tutte le difficoltà. Uscito che egli fu di collegio, s’accese d’una passione romantica, che incatenò fieramente ogni suo pensiero. La sua ora giunse — quell’ora che giunge una volta sola: — sorse la sua stella — quella stella che spesso sorge invano o non lascia che amare memorie, come d’una visione dileguata senza speranza. Per lasciar le figure, egli vide negli stati del Nord una fanciulla d’alto spirito e bella; n’ottenne l’amore, e si fidanzarono. Ma non era scorso gran tempo dacchè egli era tornato alle terre del Sud per provvedere a quanto s’atteneva all’unione sperata, quando le sue lettere gli furono rinviate, e con esse una breve nota del tutore della fanciulla, il quale gli dichiarava che, innanzi che gli giungesse quello scritto, la fanciulla sarebbe andata a marito. Per poco fu che l’amara novella nol traesse di senno. Egli si lusingò, sicome accadde a più altri, che mercè d’uno sforzo disperato potrebbe svellere dal suo cuore quel pensiero che vi si era fitto sì profondamente. Altero e sdegnoso, non potea piegarsi a chiedere spiegazioni, non che a pregare. S’avvolse a un tratto nel turbine d’un’elegante società: nè erano trascorsi più che quindici dì da quella lettera fatale che era l’amante titolare d’una donna tenuta la più bella del tempo, e ne divenne ben tosto il marito. Costei era di forme assai delicate: occhi neri e vivaci: e un centomila dollari di dote. Agostino fu creduto veramente felice.

Gli sposi stavano godendo la loro luna di miele in una splendida villa, sul lago di Pont-Chartrain, ove avevano accolto un brillante cerchio d’amici. Quand’ecco un bel dì vien recata ad Agostino una lettera segnata di caratteri ch’ei conosceva troppo bene. Gli venne consegnata appunto nel momento ch’egli, in mezzo a numeroso crocchio d’amici, s’abbandonava alla foga d’una gaia e vivace conversazione. Non si tosto riconobbe lo scritto, egli si fece pallido a morte: tuttavia seppe serbare contegno e continuò gaiamente a celiare con una signora che gli era vicina. Dopo brevi momenti egli usciva dalla sala. Nella sua stanza, solo, aperse e lesse quella lettera, che al presente non dovea solo tornar vana ed inutile, ma perniciosa. La giovinetta già tanto amata scriveva esponendo diffusamente le persecuzioni ch’essa aveva dovuto sostenere dalla sua famiglia del suo tutore, il quale voleva costringerla a torglierne il figlio in marito; raccontava come aveva aspettato invano più tempo una risposta di Agostino: come ella avea pure scritto di bel nuovo, e inutilmente, sicchè ne era venuta in dubbio ed affanno: come vinta da crudele sospetto ella cadde inferma; come alla fine ella aveva scoperto la frode usata contro entrambi, e riusciva a commettere un foglio a mano fedele. Chiudeano la lettera parole di speranza e di riconoscenza, e promesse d’inestinguibile amore, che al giovine sventurato riuscivano più amare che la morte.